In un contesto sociale come quello in cui viviamo, dove apparentemente o sulla carta o peggio sul Web abbiamo tantissimi contatti, ritenuti arbitrariamente e autonomamente “amici”, nel concreto siamo più soli che mai.
Quando, rientrando, chiudiamo l’uscio di casa, quando interrompiamo una telefonata, quando i nostri figli ormai adulti inevitabilmente ci lasciano per seguire le loro aspirazioni o altro, quando spegniamo il computer e non abbiamo lo smartphone o il tablet a portata di mano, sospendendo la relazione “social network” (forse l’unico rapporto sociale che negli ultimi tempi sembra appassionarci), la maggior parte di noi sente venire meno ogni forma di comunicazione e di condivisione e avverte la necessità di colmare così tanti vuoti.
Questo (ma non solo), sembra il fatidico momento in cui si decide di accogliere in casa un amico a quattro zampe, altrimenti detto animale d’affezione o domestico.
Ci si accorge in breve tempo che le nostre attenzioni vengono assorbite da quel nuovo inseparabile amico che, pur in silenzio, riesce ad esprimere la sua attiva partecipazione alla nostra quotidianità e ci manifesta – senza se e senza ma – il suo grande ed incondizionato attaccamento.
Presto, però, ci si rende pure conto che avere tra gli amici più cari un animale da compagnia (prevalentemente cani e gatti ma anche criceti, uccelli e altro) comporta dei problemi; e non sto parlando di quelli facilmente superabili che possono interessare il suo stato di salute, la raccolta delle sue deiezioni, la sua permanenza in condominio (aspetto questo recentemente normato con la legge n. 220 dell’11 dicembre 2012 di cui ho parlato in questo post) o altro, ma mi riferisco soprattutto alla più semplice e abituale delle passeggiate in un parco urbano, in una piazza cittadina o un giardino comunale (tutti luoghi pubblici) che, un divieto in bella vista, ostacola.
La passeggiata con il proprio animale da compagnia dovrebbe rientrare nella più normale delle pratiche quotidiane, così come dovrebbe essere anche la facoltà di poterlo portare con sé in spiaggia (anche questo luogo pubblico). Cosa diversa, invece, è l’accesso alle strutture ricettive private che, in quanto tali, proprio perché luoghi privati seppure aperti al pubblico, seguono direttive diverse decise autonomamente dal gestore. Quando, però, anche la più normale delle passeggiate viene impedita da divieti posti dai vari Comuni con propri regolamenti e ordinanze, può diventare un ostacolo insormontabile e dai risvolti legali che, però, non sempre sono legittimi.
Cerchiamo di saperne di più.
Chi possiede un animale da compagnia che necessita di essere portato fuori casa con sistematicità, come per esempio il cane, sa bene che deve rispettare alcune norme dettate sia dal buon senso (guinzaglio, museruola e sacchetti per la raccolta delle deiezioni) che dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 329 dell’8 febbraio 1954 (ancora vigente) dal titolo “Regolamento di polizia veterinaria” (Gazzetta Ufficiale n. 142 del 25 giugno 1954 Supplemento Ordinario).
Leggendo attentamente il Decreto appena indicato, al suo articolo 83, proprio in merito alla museruola e al guinzaglio, dice testualmente:
“[…] l’obbligo di idonea museruola per i cani non condotti al guinzaglio quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico;
- d) l’obbligo della museruola e del guinzaglio per i cani condotti nei locali pubblici e nei pubblici mezzi di trasporto.
Possono essere tenuti senza guinzaglio e senza museruola i cani da guardia, soltanto entro i limiti dei luoghi da sorvegliare purché non aperti al pubblico; i cani da pastore e quelli da caccia, quando vengono rispettivamente utilizzati per la guardia delle greggi e per la caccia, nonché i cani delle forze armate e delle forze di polizia quando sono utilizzati per servizio.”
A questo punto, considerato che non mi pare si legga di divieti di accesso per i cani nei luoghi pubblici, ovviamente se in regola con quanto indicato nel Decreto sopradetto (museruola e guinzaglio regolamentare), c’è da chiedersi: qual è il motivo che legittima le Regioni e/o i Comuni a decidere diversamente rispetto ad una legge che, seppure risalente al 1954 è ancora in vigore? Non si ingenera confusione se ogni Comune adotta ordinanze proprie in contrasto con la legge base?
Tra l’altro, dopo i fatti di aggressione alle persone da parte di determinate razze canine, sono state emesse dal Ministero della Salute delle recenti ordinanze in merito (in data 06 agosto 2013 e 28 agosto 2014, quest’ultima finalizzata alla proroga della precedente fino all’8 settembre 2015) e anche queste non precludono alcun accesso ai luoghi pubblici.
I passaggi più indicativi dell’ordinanza del 6 agosto 2013 che riguardano “aree urbane e luoghi aperti al pubblico”, e che sono disattesi da regolamenti regionali e comunali, sono i seguenti:
- articolo 1, comma a: “utilizzare sempre il guinzaglio a una misura non superiore a mt 1,50 durante la conduzione dell’animale nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico, fatte salve le aree per cani individuate dai comuni”;
- articolo 3, comma 4: ”i proprietari dei cani inseriti nel registro di cui al comma 3 stipulano una polizza di assicurazione di responsabilità civile per danni contro terzi causati dal proprio cane e applicano sempre al cane, quando si trova in aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico, sia guinzaglio sia museruola”.
Quando si vuole intervenire fattivamente per venire incontro alle esigenze del cittadino, e superare i divieti ritenuti incongruenti e immotivati, lo si fa. Prova ne è la “timida” – ma, vista la platea, quanto mai risonante e popolare – richiesta datata 8 luglio 2015 del Ministero della Salute al Commissario per Expo 2015 in merito alla possibilità di “rivedere le regole d’accesso all’area dell’esposizione universale per consentire l’ingresso agli animali d’affezione”. Divieto ritenuto dal Ministro “non in linea con il tessuto sociale delineatosi in Italia e nell’Unione europea negli ultimi anni”. Stessa cosa non accade nei confronti di Regioni e Comuni per casi che di risonanza ne hanno poca e questo malgrado le altrettante segnalazioni di cittadini e associazioni.
Eppure, lo stesso Ministro della Salute, nella sua citata lettera, scrive:
“La tutela degli animali rappresenta uno dei fiori all’occhiello del nostro Paese. L’accesso ai cani è consentito secondo le norme anche nei ristoranti e negli alberghi, per questo il divieto di Expo stride. Impedire la partecipazione ad un evento pubblico a tante persone che, nel rispetto delle regole per la gestione degli animali nelle aree urbane, arrivano ad Expo con il proprio cane al guinzaglio, non appare come una decisione al passo coi tempi. Auspico in tempi celeri una revisione del regolamento sull’accesso ad EXPO”.
Come spesso accade, le nostre leggi sono contraddittorie. Si legifera affinché gli animali domestici abbiano un’anagrafe canina e perché non vengano abbandonati (tanto che si incorre – giustamente – in conseguenti reati penali); si provvede perché non subiscano maltrattamenti; si decide per legge di dare la possibilità di detenere animali domestici o di compagnia all’interno degli appartamenti anche in Condominio; si impiegano anche a scopo terapeutico quale la pet-therapy, si adoperano per decisive operazioni di salvataggio, sono indispensabili per alcuni interventi delle Forze dell’Ordine, essenziali per i ciechi e gli ipovedenti, addirittura anche fiscalmente le spese veterinarie sono detraibili ma, di contro, si continua a consentire a Regioni e Comuni di imporre divieti che riguardano i nostri amici a quattro zampe, ponendo così le condizioni favorevoli per chi possiede un animale da compagnia a fare scelte scellerate e porre in essere comportamenti affatto civili.
Ma questo ho la sensazione che interessi a pochi, basterebbe in merito una disciplina normativa organica che valga per tutti e che si faccia rispettare senza deroghe che non siano fondatamente motivate da ragioni igienico-sanitarie. Ci si riempie la bocca di buoni propositi, ma se lasciamo sopita la sensibilità nei confronti dei diritti umani, come averla riguardo ai loro animali domestici? Una cosa che ai nostri governanti riesce meglio è gettare semi di scompiglio, tipico delle leggi che sfornano: troppe sono vaghe, alcune insensate, tante inutili, tutte interpretabili, nessuna certa ed inequivocabile. È mai possibile che per ogni provvedimento ingarbugliato il cittadino debba sempre essere costretto ad adire le vie legali con grave dispendio economico?
Alla fine, e dopo aver seguito le indicazioni per la sicurezza pubblica (munendo il proprio cane di guinzaglio e museruola), per poter passeggiare in un parco urbano, in una piazza o ai giardini comunali con esposto un bel cartello di divieto di accesso per i cani, cosa bisogna portare con sé, oltre il necessario a rimuovere le deiezioni del proprio cane? Anche il codice civile per tutelare i diritti di entrambi?
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