Ho già avuto modo di scrivere e di esprimere alcune mie riflessioni sul lavoro accessorio con miei precedenti post: “Lavoro occasionale accessorio – Voucher o buoni lavoro Inps – Novità 2013“ del 27 maggio 2013 e “Voucher 2014: il committente comunica solo all’Inps e telematicamente” del 19 gennaio 2014.
Ebbene, viste le recenti innovazioni che riguardano proprio il lavoro accessorio, torno sull’argomento con i dovuti aggiornamenti introdotti con il Decreto Legislativo del 15 giugno 2015, n. 81 che ha abrogato e sostituito integralmente gli articoli da 70 a 73 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003.
Quando un rapporto di lavoro ha un carattere prevalentemente saltuario (lavoro accessorio), tanto da non richiedere una vera e propria assunzione da parte del datore di lavoro (committente), si può fare ricorso a diverse categorie di persone (collaboratori) che, per vari motivi, decidono di prestare la loro mano d’opera accettando di essere pagati con dei voucher il cui valore è predeterminato dal Ministero del Lavoro e il cui ammontare totale ha dei limiti retributivi che, annualmente, non devono superare determinati compensi che spiegherò in seguito.
Questa facilitazione burocratica, nel pieno rispetto della legge, configura un vero e proprio rapporto di lavoro soggetto a contribuzione Inps e copertura Inail per eventuali infortuni. Inoltre è esente da imposizioni fiscali, non modifica lo stato di disoccupato e/o inoccupato ma, al contempo, non riconosce alcun trattamento di fine rapporto (TFR). Al termine, non darà nemmeno diritto ad alcun ammortizzatore sociale (disoccupazione, maternità, malattia, assegni familiari, ecc.), ma è riconosciuto ai fini del diritto alla pensione e della contribuzione volontaria. Favorisce, inoltre, l’integrazione lavorativa per diverse categorie di persone, alcune delle quali altrimenti non potrebbero essere assunte, e abbatte notevolmente l’utilizzo del lavoro sommerso, meglio conosciuto come “lavoro nero”, in tanti settori.
Questo è quanto in generale si conosce del lavoro occasionale. Entrando nel merito, ecco cos’è opportuno sapere.
Un tempo, il lavoro accessorio (introdotto con la Riforma Biagi, Decreto Legislativo del 10 settembre 2003, n. 276, Artt. 70 e 74, poi aggiornata) era anche detto “occasionale”, e ciò in quanto la sua applicazione limitava, oltre che retributivamente, anche temporalmente il tipo di prestazione, che non poteva superare nell’arco dell’anno i 30 giorni. La sua applicazione interessava prevalentemente disoccupati, casalinghi, pensionati e comunque le fasce più deboli. Le attività che potevano essere svolte erano veramente poche e riguardavano i piccoli lavoretti saltuari quali: quelli domestici a carattere straordinario, baby-sitter, giardinaggio, impartire lezioni private, collaborare con eventi culturali e/o sportivi, nell’agricoltura per raccolte varie, eccetera.
Oggi, pur permanendo delle limitazioni retributive, l’art. 48, comma 1, del citato Decreto Legislativo n. 81/2015 ha innalzato il precedente limite di 5.000 euro stabilendo che il lavoratore accessorio non deve percepire più di € 7.000 netti (€ 9.333 lordi) nel corso dell’anno civile (1 gennaio – 31 dicembre) con riferimento alla totalità dei committenti.
Eppure, il lavoro accessorio sembra sia molto apprezzato e il suo utilizzo è piuttosto frequente. Tutto questo è stato possibile grazie anche all’ampliamento di fatto delle categorie di committenti, di collaboratori, di tempi e importi e, soprattutto, all’estensione delle attività lavorative in tutti i settori produttivi.
Il committente, ovvero il datore di lavoro, può essere chiunque: un privato cittadino, un professionista, un imprenditore commerciale o agricolo (per quest’ultimo le regole sono diverse), un Condominio, un Ente Pubblico e, comunque, chiunque intenda avvalersi di una prestazione di lavoro accessorio.
I committenti, nel corso dell’anno, possono impiegare qualsiasi numero di lavoratori. Devono solo prestare attenzione che la soglia retributiva annua percepita dal lavoratore non venga superata, altrimenti si incorre in conseguenze di carattere sanzionatorio con tutti gli oneri che ne deriverebbero. Per evitare tutto ciò e mettersi al riparo da eventuali raggiri, il datore di lavoro richiederà al lavoratore il rilascio di una dichiarazione in cui quest’ultimo comunicherà di non aver superato nell’anno il limite economico consentito dalla norma.
I compensi annui per i lavoratori o collaboratori (rivalutati annualmente sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente), che per il 2015 erano stati fissati con Circolare INPS n. 77 del 16 aprile 2015, sono poi in parte cambiati il 25 giugno 2015 con l’entrata in vigore del menzionato art. 48, comma 1, del citato Decreto Legislativo n. 81/2015.
L’Inps ne ha dato seguito con la sua Circolare n. 149 del 12 agosto 2015, specificando i seguenti parametri.
Limiti per le prestazioni rese nei confronti del o dei committenti
• € 7.000 netti (€ 9.333 lordi) per la totalità dei committenti nel corso di un anno civile (1 gennaio – 31 dicembre);
• € 2.020 netti (€ 2.693 lordi) per le prestazioni rese nei confronti del singolo committente imprenditore o professionista;
• € 3.000 netti (€ 4.000 lordi) per tutti coloro che percepiscono prestazioni integrative o di sostegno al reddito;
• € 7.000 netti (€ 9.333 lordi) nel settore agricolo, ma con differenti volumi d’affari. Quando l’attività supera i 7.000 euro di volume di affari, possono essere impiegati in attività lavorative di natura occasionale di carattere stagionale i pensionati e i giovani studenti con meno di 25 anni di età, compatibilmente con gli impegni scolastici. Quando l’azienda agricola non supera i 7000 euro di volume d’affari, può utilizzare qualsiasi soggetto (purché non sia stato iscritto l’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli) per qualsiasi tipologia di lavoro agricolo.
Modalità di acquisto dei voucher
• Solo per i committenti imprenditori o liberi professionisti viene introdotto l’obbligo di munirsi dei buoni orari – numerati e datati – utili per le prestazioni di lavoro accessorio, acquistandoli esclusivamente con la procedura telematica INPS, tramite i tabaccai che aderiscono alla convenzione INPS–FIT e tramite servizio internet Banking Intesa Sanpaolo o Banche Popolari abilitate;
• per tutti gli altri committenti, rimane la possibilità di acquistare i buoni, oltre che attraverso i canali sopra descritti, anche presso gli Uffici Postali di tutto il territorio nazionale;
Valore nominale del buono orario (voucher)
• Il valore nominale del buono orario è fissato al momento in € 10;
• nel settore agricolo, invece, corrisponde alla retribuzione oraria prevista dal Contratto Collettivo di categoria;
Comunicazione telematica della prestazione di lavoro accessorio
Sempre per i committenti imprenditori o professionisti vige l’obbligo di comunicare preventivamente e telematicamente (via sms o e-mail), alla Direzione Territoriale del Lavoro competente, le generalità, il codice fiscale e il luogo dove verrà svolta la prestazione di tipo accessorio, entro un arco temporale di non oltre 30 giorni. In merito, visto che ancora le direttive non sono chiare, il Ministero del Lavoro, con nota n. 3337 del 25 giugno 2015, ha disposto che nel frattempo la comunicazione in questione sarà effettuata secondo le attuali procedure, dunque inviando l’informazione all’INPS.
Ruolo del concessionario del servizio (Inps) in merito a…
• erogazione al prestatore del proprio compenso;
• distribuzione del versamento dei contributi previdenziali alla gestione separata Inps (13% del valore nominale del buono) e all’Inail per l’assicurazione contro gli infortuni (7% del valore nominale del buono);
• trattenuta di un compenso al concessionario (Inps) per la gestione del servizio, pari al 5% del valore nominale del buono.
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È importante sapere, in merito al valore nominale del voucher (attualmente € 10 euro o multipli), che al lavoratore sarà corrisposto il suo valore netto, ovvero € 7,50 (corrispondente al compenso minimo di un’ora di prestazione) poiché, come detto sopra, vi sono delle somme, pari al 25%, che vanno a coprire la contribuzione, l’assicurazione e le spese di gestione.
Per ulteriori dettagli riguardo alla normativa pregressa (e in parte ancora vigente) dei voucher lavoro, rimando ai miei precedenti post, già citati a inizio articolo: “Lavoro occasionale accessorio – Voucher o buoni lavoro Inps – Novità 2013“ (27 maggio 2013) e “Voucher 2014: il committente comunica solo all’Inps e telematicamente” (19 gennaio 2014).
Certo, il desiderio di ognuno di noi rimane quello di poter contare su un lavoro dipendente o un’attività autonoma che dia più sicurezze e certezze di quelle previste con il lavoro accessorio ma, in mancanza, ogni altro tipo di attività che possa consentirci di poter (soprav)vivere dignitosamente, non si disdegna mai.