Il referendum popolare del 12 e 13 giugno 2011, sulla gestione dei servizi idrici ai privati e sulla tariffa integrata dell’acqua, con il quesito 2 – scheda gialla – poneva la seguente domanda: «Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”, limitatamente alla seguente parte: “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”?».
Votando il sì, sarebbe stata eliminata per il gestore dei servizi idrici la possibilità, fino a quel momento esercitata, di speculare sulle tariffe imposte ai cittadini per gli investimenti fatti, pari al 7% della remunerazione del capitale investito, che avrebbe fruttato solo un guadagno personale che, in ogni caso, non sarebbe stato reinvestito per offrire un servizio migliore agli utenti.
Ebbene, malgrado il risultato positivo, che eliminò proprio quella voce e quella possibilità di “profitto”, i gestori, incuranti e sprezzanti dell’esito referendario, hanno continuato ad inserire in bolletta quelle maggiorazioni non più dovute, facendole pagare al consumatore che ha continuato a coprire gli ipotetici investimenti, nella misura del 7%, garantendosi un tasso di remunerazione del capitale investito.
Mobilitate le Associazioni dei Consumatori, già con parere del Consiglio di Stato n. 267/13 – che ha valutato le bollette dell’acqua dell’ultimo semestre del 2011 incoerenti con quanto emerso dall’esito del relativo referendum – e successiva delibera n. 38/2013/R/idr del 31.01.2013 dell’Autorità Garante per l’Energia e il Gas, era stato stabilito, oltre i criteri di calcolo degli importi da rendere, che le somme illegittimamente calcolate in fattura per il consumo acqua, poste a titolo di “remunerazione del 7% del capitale investito”, dovessero essere restituite a chi le aveva pagate ingiustamente; il compito di stabilire le modalità di tale rimborso è stato demandato proprio all’Autorità che ha deciso per la restituzione diretta e non con conguaglio.
Più specificatamente, questo è quanto affermato dal suddetto parere del Consiglio di Stato:
Il D.M. 1° agosto 1996, limitatamente alla parte in cui considera il criterio dell’adeguatezza della remunerazione dell’investimento, ha avuto applicazione nel periodo compreso tra il 21 luglio e il 31 dicembre 2011 in contrasto con gli effetti del referendum del 12 e 13 giugno del 2011. Di tanto l’Autorità – fermo il rispetto del complessivo ed articolato quadro normativo che, sul piano nazionale ed europeo, regolamenta i criteri di calcolo della tariffa, in specie imponendo che si assicuri la copertura dei costi – terrà conto, nell’esercizio dei poteri riconosciuti alla stessa e nello svolgimento dei conseguenti ed autonomi apprezzamenti tecnici, in sede di adozione dei nuovi provvedimenti tariffari.
Di recente è intervenuta anche la sentenza n. 436/13 del Tar della Toscana che, accogliendo il ricorso presentato dal Forum Toscano dei Movimenti per l’Acqua e, sostanzialmente, allineandosi al suddetto parere del Consiglio di Stato, ha ribadito ancora una volta che l’acqua è un bene pubblico e le bollette pagate dai cittadini servono a finanziare le spese di gestione delle reti e non a remunerare il capitale investito dagli enti gestori. Ha dunque dichiarato illegittime le tariffe applicate a tale titolo dai gestori dell’acqua anche dopo l’esito del referendum popolare del 12 e 13 giugno 2011.
Certo, le somme da restituire al consumatore, fruitore finale, non sono smisurate. Si tratta di poco più di 4-5 euro a famiglia (circa il 10% della bolletta) e distinguerà l’utenza da rimborsare in base al tipo di Servizio idrico di cui fruisce: integrato o con metodo Cipe, quest’ultimo a gestione prevalentemente di carattere pubblica e di dimensione comunale. Anche se non si parla di cifre spropositate, per quanto contenute possano sembrare, va comunque salvaguardato il principio secondo il quale quello che viene sborsato impropriamente, va recuperato. Un altro periodo di restituzione somme potrebbe riguardare anche il biennio 2012/2013, interessato da un metodo tariffario transitorio. Quello invece definitivo sarà applicato dall’1 gennaio 2014.
Occorre ricordare che la restituzione riguarderà soltanto il 65% degli utenti, quelli cioè che sono serviti dal Servizio Idrico Integrato (Sii), mentre il restante 35% non ne ha diritto in quanto paga ancora tariffe con il “metodo Cipe” relativo a gestioni per lo più di carattere pubblico.
In merito a quanto stabilito per il biennio ancora in corso (2012/2013) e all’eventuale rimborso delle eccedenze pagate dai consumatori, c’è una presa di posizione del Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua, il quale giudica l’applicazione tariffaria dell’Aeeg (per il periodo di cui trattasi) non ancora rispettosa della volontà popolare dopo il referendum di giugno 2011. Sembra infatti che, rispetto a quanto dichiarato dall’Autorità (che sostiene di aver considerato già da gennaio 2012 gli effetti del referendum abrogativo), ci siano delle discordanze per la verifica delle quali il Movimento si sta mobilitando come ha già fatto in passato.
Per esercitare comunque il diritto al rimborso, laddove nelle bollette relative al periodo che va dal 21 luglio (data di proclamazione della vittoria delle ragioni dei referendari, e quindi di abrogazione della norma in questione) al 31 dicembre 2011 (data che segna la fine del vecchio regime tariffario, stante che con Decreto Salva Italia n. 201 del 6 dicembre 2011 dal 1° marzo 2012 la funzione di regolazione e controllo di tale servizio è stato concesso all’Aeeg) si accerti la presenza delle voci “remunerazione del capitale investito”, “costo della risorsa finanziaria” o similari, basta inoltrare una raccomandata con ricevuta di ritorno al gestore per chiederne la restituzione con contestuale messa in mora. Stesso dicasi per il biennio 2012/2013.
Dovrà provvedere a tale verifica anche l’Aeeg (Autorità per l’Energia Elettrica e del Gas) che, avendo avuto assegnato il potere tariffario per i servizi idrici con delibera del 29.12.2012, dovrà effettuare il controllo di tutte le tariffe applicate da tutti i gestori e, ove fossero rilevate incongruenze, procedere al rimborso del maltolto che, per le eccedenze del 2012, sembra sarà fatto con conguaglio, diversamente da quanto deciso per il periodo 21 luglio/31 dicembre 2011. In entrambi i casi, la restituzione va fatta.
Questo è quanto il consumatore sa o deve sapere: tutti noi siamo a conoscenza, volenti o nolenti, di come si paga una bolletta per il consumo dell’acqua, ma cosa sappiamo veramente del servizio idrico? Di chi sono le competenze? Come vengono applicate le tariffe ancora oggi? Cos’è il metodo Cipe? Cosa si intende per Metodo normalizzato?
Rientrano nei servizi idrici tutte quelle attività che riguardano l’acqua, dal suo ritrovamento (captazione) all’immissione in rete per l’uso domestico, previa potabilizzazione, e per uso industriale, irriguo, ecc., non ultimi anche quelli che riguardano la fognatura e la depurazione.
La competenza, nei termini in cui ho anticipato sopra, è affidata all’Autorità per l’Energia elettrica e il Gas (Aeeg) che, come obiettivo, oltre all’aspetto investimenti, dovrebbe avere la tutela di questo bene pubblico, l’acqua appunto, regolando e garantendo un sistema tariffario equo – anche con particolare riferimento alle classi più deboli – di qualità e di perfetto funzionamento.
La materia tariffaria è piuttosto complessa: incidono su questa vari aspetti gestionali che vanno dagli investimenti alla manutenzione, dai costi di servizio alla qualità e tantissimo altro. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che l’esito del referendum di giugno 2011 ha garantito che l’aggiornamento delle tariffe previste dal Metodo Normalizzato siano considerate tenendo conto della soppressione di quella componente illegittima dovuta per la remunerazione del capitale investito.
Il metodo Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica), applicato ancora su circa il 35% della popolazione, risale al 1995 e aveva il compito di rimodernare il sistema tariffario fino ad allora esistente, gestito dal Comitato Internazionale Prezzi; annualmente le tariffe venivano riviste mediante un sistema di consultazioni tra Enti pubblici e privati che gestivano l’erogazione, fino a quando la Legge Galli, n. 36 del 5 gennaio 1994 – abrogata poi nel 2006 – ha previsto un nuovo sistema tariffario accompagnato da un regime transitorio che si è concluso con la costituzione degli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali) che ora hanno il pieno controllo. Questo nuovo schema separa nettamente i ruoli: l’Autorità ha funzioni di governo e di controllo, il Gestore invece organizza in tutti i suoi aspetti (economici, operativi, ecc.) il Servizio idrico integrato.
Il Servizio Idrico Integrato, detto anche Metodo Normalizzato, applicato sul restante 65% della popolazione, è regolato da norme ed è stato introdotto in Italia dalla legge Galli nell’agosto 1996, esattamente con Decreto Ministeriale 01.08.1996 che ancora oggi risulta il decreto di riferimento per la determinazione della tariffa reale media del servizio idrico integrato. La tariffa di questo servizio è disciplinata, nei suoi aspetti generali, all’art. 154 del D.Lgs 152/2006 (Norme in materia Ambientale).
Inoltre, è disarmante apprendere che solo il 10% delle città italiane applichi alle bollette dell’acqua la tariffa pro capite per incentivare il consumo responsabile del servizio idrico, così come denunciato dal vice presidente nazionale di Federconsumatori ad un convegno e la cui testimonianza è riportata in questo link dal titolo “Federconsumatori, solo 10% città ha tariffa acqua pro capite”. Come non essere d’accordo sulla dichiarazione di Mauro Zanini: “Oggi se a Milano o Isernia si paga 100, abbiamo realtà della Toscana o della Sicilia dove si paga 450 … occorre uniformare le agevolazioni per le famiglie più deboli”?
E come non condividere le proposte di Federconsumatori e Adusbef segnatamente indicate nel Comunicato Stampa del 22.03.2013 “Acqua: la giornata mondiale sia un’occasione per riflettere su efficienza, risparmio e gestione pubblica dell’acqua”?
Chi meglio delle associazioni dei consumatori e comunque di tutti quei soggetti portatori di interessi collettivi, impegnati in prima linea per la difesa dei diritti di noi cittadini/consumatori/contribuenti, potrebbe darci voce e assolvere al meglio al ruolo di vigilanza che il malcostume impone?