… Se dopo una vita di lavoro, di sacrifici, di dedizione alla famiglia propria e dei propri figli, un anziano non riesce più a sostentare nemmeno se stesso ed è in condizioni di salute tali da avere bisogno di un costante sostegno che non può, per motivi economici, abbattersi sui familiari, in questi casi deve intervenire il Comune. Parleremo dell’argomento “retta casa di riposo”.
Per informazioni più recenti sull’argomento, leggi qui: CHI DEVE PAGARE LA RETTA DELLA CASA DI RIPOSO? NOVITÀ 2017
Spesse volte, nelle normali discussioni che si intavolano in famiglia, acquisendo consapevolezza di non essere eterni e prima o poi di avere la necessità di essere assistiti, si argomenta sulle preferenze in merito al trattamento che gradiremmo ci venisse riservato in futuro. La tristezza, oltre che in quell’inevitabile allontanamento dai nostri cari, si manifesta in tutta la sua brutalità anche quando ci rendiamo conto che per accedere a determinate strutture occorre avere una certa disponibilità economica che, purtroppo, non tutti si ha e allora inizia la conta, come si suol dire: si tirano le somme e si stila un albero genealogico (in rigoroso ordine di soggetti civilmente obbligati) degno di essere chiamato tale e che dovrebbe intervenire alla copertura del costo delle prestazioni.
Questi bilanci, al pari delle politiche sociali, non sempre sono rassicuranti, lasciando spazio a quelle incertezze per il nostro futuro da fare rabbrividire chiunque, lì ti rendi conto fino in fondo di quanto si possa divenire “scomodi” ed “ingombranti” ad una certa età, di quanto si possa soffrire la presenza di un anziano in casa, a meno che non sia fonte di sostegno economico della famiglia stessa, ma questo è ancora più avvilente.
Resta il fatto, però, che, vuoi per scelta (si fa per dire), vuoi per necessità, la soluzione della casa di riposo si presenta come la più indolore, piuttosto che specchiarsi negli occhi di chi non ti vede o ti ritiene già “di troppo”, meglio perdersi nella solitudine e nel vuoto di una camera di una residenza assistita, sì, proprio così, questa locuzione, seppure più ammaliante, sostituisce nel gergo – ma non nella sostanza – quella che prima era detta casa di riposo o prima ancora ospizio.
Ora, se questa tappa la puoi o la devi programmare affidandoti alle tue sole risorse economiche, direi che potrebbe essere più facile – almeno sotto l’aspetto organizzativo, in quanto si può decidere che si sia autosufficienti o meno – di accedere al mercato privato delle residenze assistite (e non a quelle convenzionate) nei modi e termini che si desiderano, ma se questa “fermata” deve pure presentarsi controversa per ragioni economiche, perché non si sa come e chi deve corrispondere la retta mensile per la tua permanenza in quella struttura già malaccetta, allora il problema si estende a macchia d’olio e tornano in discussione quegli stessi “affetti” con i quali avevi già affrontato il tema e che si erano divisi su due fronti contrapposti: chi ha a cuore il destino dei propri anziani ma sono impediti a pagare perché costretti da eventi negativi anche loro e chi, invece, pur avendo la disponibilità, non nutrendo alcun sentimento, volutamente non intendono privarsi di un solo centesimo del loro reddito a favore di un proprio anziano genitore o parete.
Lo lasciamo sotto un ponte quando si diventa non autosufficienti? Direi di no e, seppure a qualcuno, mosso da disperazione, può passare per la testa una simile soluzione, interviene in soccorso del malcapitato una recente pronuncia del Consiglio di Stato, la n. 5782 del 16 novembre 2012, che, prendendo nettamente posizione su un problema di grande rilievo economico e sociale, ha stabilito che quando un anziano non ha i soldi per pagare la retta di una residenza assistita convenzionata, non può nemmeno gravare sui figli chiedendo loro di integrare le somme o versarle per intero al posto suo, deve intervenire invece il Comune con i suoi servizi sociali.
Questo lascia spazio all’istanza di rimborso anche a quei familiari che finora, pur nella consapevolezza dell’ingiustizia ed illegittimità della pretesa – reclamata come condizione essenziale da diverse strutture convenzionate – hanno firmato una sorta di garanzia, un atto di impegno a copertura delle somme che, non potendo essere sborsate dall’anziano interessato (poiché con reddito insufficiente), dovevano essere corrisposte e integrate – come compartecipazione al pagamento della quota sociale – dai parenti di quest’ultimo. Non tutti e non sempre sono in grado di poterlo fare ma, pur di garantire un’assistenza appropriata, sono costretti a pagare quanto richiesto con sacrifici enormi, esonerando così l’Amministrazione Comunale dalle proprie responsabilità e doveri.
Bisogna, però, fare una premessa. Per poter usufruire di un servizio che il proprio Comune attua in regime di convenzione con i privati, e dunque per potersi rivolgere a quest’ultimo perché integri la retta della casa di riposo che col proprio reddito non si riesce a pagare, si dev’essere disabili al 100% e ultrasessantacinquenni non autosufficienti. Ciò anche in quanto nella compartecipazione residua per il ricovero entra a far parte l’indennità di accompagnamento dell’assistito. Ovviamente ci si aspetta che, diversamente da come spesso accade nel mondo delle certificazioni dei falsi invalidi, i controlli siano severi, e non tanto su chi a torto o a ragione richiede il servizio ma su chi, per varie ragioni personali, concede un beneficio che non avrebbe diritto di esistere, privando chi ce l’ha.
Posso già immaginare come reagiranno i Comuni a tale sentenza, stanti le difficoltà oggettive che interessano un po’ tutti gli Enti locali, che molte volte, spesse volte, non riescono a far fronte alle domande di aiuto avanzate dai propri cittadini in stato di bisogno; vorrà dire che si spenderà meno per cose inutili e vanesie e si presterà più attenzione ai bisogni sociali che non sono certo patrocini comunali per inutili feste, elargizioni per inservibili manifestazioni e tanto altro.
Che si inizi a dare corpo e consistenza a una politica sociale seria che va costruita piano piano e volta a mantenere la dignità di persona e di lavoratore dell’anziano, a volte rischiando anche di risultare impopolari con dinieghi a sprechi. D’altronde, fin da piccoli ci insegnano che un no detto al momento giusto e motivato, anche se in quell’istante criticato, vale più di un sì illusorio che serve solo a gettare fumo negli occhi a beneficio di chi lo dice.
La sentenza è molto articolata, ma reputo molto importante il passo che segue così come altri commenti e riferimenti a questo link:
Il principio legislativo di cui si tratta chiede dunque che le famiglie siano chiamate ad un ruolo più attivo, ma anche che non si trovino ad esser gravate da un doppio onere e cioè agli oneri direttamente a loro carico in termini di costante appartenenza al nucleo familiare dell’assistito e la contribuzione al pagamento delle prestazioni di assistenza curate da soggetti pubblici o accreditati.
Per informazioni più recenti sull’argomento, leggi qui: CHI DEVE PAGARE LA RETTA DELLA CASA DI RIPOSO? NOVITÀ 2017
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