E se ci fosse stato il defibrillatore?

E’ di qualche ora fa, ma risale a giovedì 15 novembre scorso, la notizia che un uomo di 56 anni è morto sull’ambulanza, lungo il tragitto verso l’ospedale, dopo essere stato colpito da infarto mentre viaggiava a bordo del Frecciarossa (treno ad alta velocità).

Sembrerebbe una storia come tante, drammatica, ma come tante. Invece no.

Il Frecciarossa sul quale viaggiava quell’uomo – stando alle testimonianze degli altri passeggeri -, malgrado la tempestiva comunicazione al capotreno su quanto si stava consumando, non si fermava.

Il balletto delle versioni “a difesa” ha inizio: quaranta minuti perché il treno si fermasse in stazione è quanto affermano i passeggeri che hanno prestato i primi soccorsi;  circa quindici minuti è il tempo “agli atti” di Trenitalia. Inoltre “Se il treno avesse deviato per raggiungere la linea storica e fermare il treno a Novara – risponde Trenitalia – avrebbe impiegato più tempo e il risultato sarebbe stato ancora peggiore”, questo è quanto si legge nell’articolo sopra linkato.

E pensare che solo il 31 ottobre scorso il Frecciarossa, forse in ossequio all’accordo stipulato con alcune squadre di calcio che prevede il trasporto per le trasferte, ha fatto una fermata non prevista, ritardando per questo di ben quaranta minuti, per permettere ai giocatori della Roma (in buona salute e certamente per niente parchi di mezzi propri o loro messi a disposizione) di scendere a Parma per la trasferta di quella sera!

V’è di più: non è previsto da alcun regolamento che sia presente un apparecchio defibrillatore a bordo.

Ecco il nodo della questione: la dotazione di un defibrillatore utile a salvare delle vite sui mezzi di trasporto almeno di lunga percorrenza. Una circostanza che mette in evidenza l’importanza di una regolamentazione specifica in materia di salvaguardia della vita umana.

Questo argomento dovrebbe essere attenzione dello Stato che dovrebbe così dimostrare di avere veramente a cuore la salute dei cittadini non lasciando al libero arbitrio decisioni così importanti e vitali. E’ noto che alcuni aeroporti e compagnie aeree si sono già dotati da tempo di questo strumento indispensabile; ebbene, questo criterio dovrebbe essere seguito da tutte le realtà operative più grandi e, per non penalizzare le più piccole, permettere loro l’adeguamento con dei congrui finanziamenti, ma non dovremmo mai più ascoltare espressioni del tipo “il regolamento non lo prevede” né morire per questo.

D’altronde, il recente decreto legge 13 settembre 2012 n. 158,  entrato in vigore dal 14 settembre 2012, ha disposto già, tra le altre cose, la dotazione di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita a carico delle società sportive dilettantistiche e professionistiche, dunque, non si comprende il motivo per cui non si dovrebbe estendere tale norma a quei mezzi o a quelle attività in generale che, per vari motivi, non sono raggiungibili o possono arrivare a centri di assistenza sanitaria in grado di fronteggiare una simile emergenza.

L’importanza di una rianimazione credo sia chiara a chiunque, così come dovrebbe essere comprensibile il concetto che il defibrillatore è l’unico strumento che permette di combattere efficacemente il fattore tempo. In merito al suo utilizzo non sarò io a spiegarlo in quanto non sono un medico e non mi arrogo il diritto di impartire lezioni su argomenti che conosco da semplice lettrice ma, considerato che il suo impiego, nei luoghi e tempi che lo necessitano, sembra sia possibile – se non addirittura seguendo le istruzioni visive presenti su ogni defibrillatore – anche solo dopo un brevissimo corso di formazione di poche ore, ritengo possa essere vitale che ogni attività (ovviamente che viene svolta lontana da pronti interventi) ne venga dotata.

Ora, tornando al triste evento che ha interessato quel passeggero che ha perso la vita, mi accorgo che, per sanare la posizione di questo o di quell’altro e per mitigare responsabilità degli uni e degli altri, si contano i minuti, i secondi trascorsi prima che si potesse intervenire fattivamente, ma nessuno sarà colpito dal dolore incolmabile e insanabile che avrà causato sugli affetti lasciati prematuramente da quell’uomo una simile carenza che, se fosse stata per tempo colmata, non avrebbe forse spezzato una vita umana.

Mi domando il motivo per il quale noi cittadini ci rendiamo conto dei vuoti, delle assenze, delle irregolarità, solo quando ci imbattiamo personalmente in quel problema che ci tocca da vicino. Rimaniamo affascinati da servizi di intrattenimento, connessione Internet, informazioni georeferenziate, ecc. ecc., e diventiamo distratti su ciò che potrebbe garantirci una vita migliore, come la presenza o meno a bordo, in questo caso di un treno, di un apparecchio del costo di appena mille euro circa cadauno. Siamo equivoci e come tali siamo trattati, il cittadino e le sue esigenze sono considerati esattamente come noi stessi ci reputiamo: immeritevoli.


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