Ho scoperto, appena qualche mese fa, mentre mi trovavo in fila all’Ufficio Postale, che la giacenza della corrispondenza – che per vari motivi non viene ritirata presso l’abitazione – soggiace a un contributo di giacenza, meglio detta ennesima tassa su tutto: anche l’aria che respiriamo.
Pensavo si trattasse di una cifra simbolica, una tantum, mentre la tassa applicata, superati i primi cinque giorni gratuiti, ammonta a € 0,52 per ogni giorno in cui la nostra corrispondenza rimane presso lo sportello delle Poste e non sulle spalle di un addetto che sotto il peso della carta potrebbe riportare danni fisici e altro!
Ora, con l’intervento dell’Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), il cittadino/contribuente, che paga la qualunque, ha ottenuto una sorta di grazia: non più cinque giorni gratis, perché le Poste Italiane sopportino il peso della nostra corrispondenza inevasa, ma ben 10 giorni di gratuità.
Il suddetto provvedimento, in vigore dal 1° gennaio 2014, adottato con l’Allegato A alla delibera n. 385/13/CONS – Condizioni generali di servizio per l’espletamento del servizio universale postale di Poste Italiane, è stato sintetizzato nel seguente comunicato stampa del 10.01.2014:
“Su richiesta dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni passa da 5 a 10 giorni il termine di giacenza gratuita degli invii di corrispondenza non recapitata presso gli Uffici di Poste Italiane. La misura è entrata in vigore dal primo gennaio 2014.
Nell’ambito dell’istruttoria sulle Condizioni generali di servizio per l’espletamento del servizio universale postale, che ha portato all’adozione della delibera 385/13/CONS, relatore il Commissario Antonio Preto, l’Agcom, per garantire maggiormente l’utenza, ha chiesto a Poste Italiane di estendere il periodo di tempo entro il quale è possibile ritirare gratuitamente la posta non recapitata.
Oltre all’estensione dei termini di giacenza gratuita, con lo stesso provvedimento, l’Agcom ha approvato ulteriori condizioni a tutela dell’utenza, già in vigore dallo scorso settembre: sono stati ampliati gli obblighi informativi sulle modalità di erogazione dei servizi di Poste Italiane; è stato imposto il rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione nell’applicazione dei prezzi ed è stata prevista una procedura per garantire il recapito di invii affidati ad altri operatori e ritrovati nella rete di Poste Italiane.“
Una simile risoluzione, a mio avviso, non ha senso e, se veramente l’intento fosse stato quello di “garantire maggiormente l’utenza”, il miglior perfezionamento avrebbe dovuto affermare il principio di legittimità tra ciò che è previsto tra i servizi resi dalle Poste: la possibilità di poter ritirare la posta entro trenta giorni (“giacenza di 30 giorni”), e ciò che invece viene vanificato usando come deterrente l’espediente della tassazione mediante l’applicazione di somme aggiuntive che non servono certo a coprire un servizio di tenuta o di lavorazione, stante che la lettera rimane immobile in una casella.
Conti alla mano, se oggi come oggi dovessi ritirare la mia corrispondenza al ventinovesimo giorno, termine entro il quale mi è consentito di provvedere al prelievo, sarei costretta per non so quale “servizio” di tenuta o di lavorazione (assolutamente privo di ogni azione fattiva) a pagare alle Poste Italiane circa 10 euro.
Ancor più valore avrebbe assunto l’intervento dell’Agcom “per garantire maggiormente l’utenza” se si fosse prestata attenzione alla vera e concreta motivazione per la quale il più delle volte (spesse volte, purtroppo) viene tenuta in giacenza la corrispondenza (quella odiosa) praticando autonomamente una sorta di differimento a ciò che sappiamo già essere l’ennesima scadenza da rispettare. Questo sarebbe stato il momento più giusto per concedere al cittadino/contribuente una seppur piccola possibilità di rinvio, senza per questo dover sempre e comunque pagare.
D’altronde, l’Articolo 26 – Termini di giacenza – dell’Allegato A sopra linkato, al punto 4 testualmente recita: “Il servizio di giacenza può comportare il pagamento di un corrispettivo”. Non mi pare ci sia scritto “DEVE”, ma questi sono dettagli che di solito sfuggono a chi detta le regole dall’alto di un livello sociale di diversa appartenenza.
Alla fin fine, a rimetterci è sempre il cittadino onesto, quello che non si sogna nemmeno di non andare a ritirare la posta poiché mosso da arroganza, sa di doversi confrontare con il problema chiuso in quella busta, sa che non ritirarla entro i trenta giorni presuppone la restituzione al mittente per “compiuta giacenza” o, se atto giudiziale, il deposito al Comune per l’affissione all’albo pretorio, con tutte le conseguenze del caso, ma sa pure che quei 29 giorni potrebbero essere utili per trovare una soluzione a quell’ennesima difficoltà e chissà, magari possono servire pure per dare la priorità a qualche piccola spesa altrettanto indifferibile.
Si può prestare attenzione a qualcosa che non ti tocca così da vicino? Può farlo un’Istituzione, un’Autorità o chiunque sia in grado di decidere, se non conosce le vere difficoltà economiche ed esistenziali?