… inizia così Dante Alighieri la prima terzina del primo canto della Divina Commedia e questo poteva valere per i nati ai primi del Novecento, quando la vita media di un uomo era orientativamente di circa cinquant’anni, nulla a che vedere con quella dei nostri giorni abbondantemente più alta.
Ma resta il rapporto che ognuno di noi vive con la propria età. Seppur vero che questa può subire variazioni improvvise e non sempre gradite a qualsiasi età, è anche vero che raggiunto il “mezzo del cammin …” si fa fatica a non scontrarsi coi pensieri malinconici e a volte disfattistici.
Conversando con una persona anziana, ho avvertito nelle sue parole un senso di abbandono, l’atteggiamento fiducioso mancava del tutto e, con i tempi che corrono, pensavo fosse dovuto alle difficoltà che ci angustiano, ma ascoltandola anche su argomenti più leggeri ho potuto osservare il medesimo smarrimento che aveva già espresso su temi più impegnativi.
A quel punto ho cercato di capire e, partecipando a diversi incontri, presenti diverse fasce di età, ho potuto trarre una mia personale conclusione: ad una certa età sembra che la nostra vita sia vista e vissuta in … discesa.
So che questa espressione può sembrare forte e turbare, ma rende l’idea di ciò che mi ha trasmesso sia l’inflessione che la sostanza di quelle considerazioni.
E’ vero che certamente non vale per tutti una simile valutazione – alcune trasmissioni televisive lo insegnano – ma, riflettendo su una frase che ricorre tra gli anziani e i meno giovani, il fatidico “… tanto io il più della mia vita l’ho fatto” (come se ormai tutto debba essere strappato al tempo che incalza non lasciandoci più occasioni favorevoli), non posso sottrarmi ad un momento di angoscia.
Scadenzare la propria esistenza non credo sia il modo migliore per affrontare la vita, che comunque va vissuta fino in fondo anche tra tribolazioni varie, ma è certo che dobbiamo imparare a convivere con la consapevolezza che non durerà in eterno.