Ti scatterò una foto … anzi, no!

Sarà che mi piacciono i thriller e i polizieschi con le loro investigazioni, ma mi ero abituata all’importanza della cosiddetta “prova”, quel riscontro del quale o sei in possesso o non puoi dimostrare nulla. Quanti processi andati a monte perché … mancava o è insufficiente la PROVA!

Bene, questo vale ancora oggi per il cittadino, ma non sembra valere più per lo Stato, visto che anche le multe con l’autovelox sono valide perfino se in assenza di quella foto che ne immortali l’effigie con tanto di targa e velocità annessa e che consentirebbe di “vedere” – e possibilmente confutare – il fatto, non accettando pedissequamente quanto, a questo punto, non si esclude possa avere solo finalità di fare “cassa” e non vigilanza.

Questo strafalcione muove da una sentenza della Cassazione, la n. 23212 dell’8 novembre 2011 (in accoglimento del ricorso presentato dal Comune di Massa) che, negando di fatto all’automobilista di potersi difendere, ha statuito che le multe con l’autovelox e gli altri analoghi dispositivi di rilevamento della velocità degli automezzi, sono valide anche se non viene scattata la fotografia che ne attesti la violazione; l’accusa a questo punto è delegata alla personale constatazione dell’agente che ne ha effettuato il rilievo.

Si vuole forse che, per potersi difendere, si arrivi a dover denunciare per falso un agente, con tutti i risvolti negativi che ne possono derivare? Se poi questo deve tradursi e intendersi come una forma di deterrente e dunque di soccombenza, allora siamo senz’altro in una sfera di azione e sopraffazione ben diversa, ma mi rifiuto di crederlo.

Ora, nulla volendo eccepire sulle Forze dell’Ordine e sulla loro irreprensibilità sul lavoro, ma trattandosi di esseri umani come tutti noi, mi pare di poter congetturare anche dei probabili imprevisti al loro rigore, che potrebbero rendere meno attendibile una loro dichiarazione o anche solo una loro autenticazione non suffragata; insomma, sono vulnerabili anche loro e dunque non perfetti.

Certo, insuperabile non lo è nemmeno uno strumento, anche se propinato con la presunzione di essere ben tarato, preciso, impeccabile, ma finora, per l’automobilista indisciplinato – quello che non rispetta i limiti di velocità consentiti – c’era la possibilità di pagare o contestare (avendo i mezzi per difendersi: la fotografia) la multa elevatagli con l’autovelox, quando e se comminata giustamente, almeno prendendo atto che quella figura sfocata al volante, con tanto di targa e tipo, località e velocità segnata, era riferita a lui e non ad un errore. Errore che, ripeto, può essere di un dispositivo e ancor più di un essere umano, del quale la parola e l’operato non può assumere una valenza di verità assoluta, al pari di quella di un apparecchio elettronico.

E, d’altronde, contestare le multe degli autovelox, se ingiuste (perché diversamente vanno pagate), era e dovrebbe continuare ad essere legittimo. Perché accettare di pagare se in presenza di illiceità di alcuni parametri quali: la mancanza di visibilità degli agenti al conducente, se di notte; la carenza in verbale di alcuni elementi importanti, anche in ordine all’illuminazione della strada, di alcune distanze e posizioni e altro? È giusto che le infrazioni si paghino, ma sarebbe altrettanto giusto che queste fossero inconfutabili.

Affidare una simile coscienza e infallibilità ad un nostro simile, anche se un agente delle Forze dell’Ordine, a mio parere, è in spregio ad ogni forma di tutela. La difesa è un diritto e il diritto alla difesa è d’obbligo.

Non permettiamo di essere espugnati anche delle più fondamentali e basilari ragioni.