Mesi fa ho scritto (qui e qui) dell’Inail, Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, nella cui pagina web, in merito alla “tutela dei lavoratori”, scrive:
“Assicurazione Inail, come garantire il diritto costituzionale alla salute sui luoghi di lavoro. Un sistema ‘globale e integrato’ di tutele, che va dagli interventi di prevenzione nei luoghi di lavoro alle prestazioni economiche e sanitarie, alle cure, alla riabilitazione e al reinserimento nella vita sociale e lavorativa: ecco quanto garantisce l’Inail ai lavoratori attraverso l’assicurazione contro i danni fisici ed economici dovuti a infortuni sul lavoro e malattie professionali, ossia quelli derivanti dalla stessa attività lavorativa. L’assicurazione è obbligatoria per tutti i datori di lavoro che impiegano lavoratori dipendenti e/o parasubordinati nelle attività che la legge italiana riconosce come rischiose.”
Ebbene, è in uso ormai da tanto tempo il computer sia a casa, come mezzo di svago, di comunicazione e/o altro, sia nel mondo lavorativo dove, soprattutto negli ultimi anni, l’utilizzo esclusivo dei servizi telematici è divenuto obbligatorio costringendo il lavoratore ad un uso massivo e per la quasi totalità del suo orario di lavoro.
Delle malattie professionali e cosa si intenda per tali, l’Inail ne dà una dettagliata specifica sul suo portale del quale riporto alcuni stralci:
“… Per malattia professionale si intende una patologia la cui causa agisce lentamente e progressivamente sull’organismo (causa diluita e non causa violenta e concentrata nel tempo).
Inoltre, la causa deve essere diretta ed efficiente, cioè in grado di produrre l’infermità in modo esclusivo o prevalente; il Testo Unico, infatti, parla di malattie contratte nell’esercizio e a causa delle lavorazioni rischiose. È ammesso, tuttavia, il concorso di cause extraprofessionali, purché queste non interrompano il nesso causale in quanto capaci di produrre da sole l’infermità.
Per le malattie professionali, quindi, non basta l’occasione di lavoro come per gli infortuni, cioè un rapporto anche mediato o indiretto con il rischio lavorativo, ma deve esistere un rapporto causale, o concausale, diretto tra il rischio professionale e la malattia.
Il rischio può essere provocato dalla lavorazione che l’assicurato svolge, oppure dall’ambiente in cui la svolge (cosiddetto “rischio ambientale”) … L’Inail indennizza i danni provocati dalle malattie professionali prevedendo prestazioni di carattere economico, sanitario e riabilitativo …”
Le tabelle delle malattie professionali sono vaste e delle più disparate; con l’avvento dei sistemi telematici era prevedibile che anche questi potessero essere motivo di vari disturbi alla persona (“affezioni correlate al lavoro”) ed infatti – recentemente e per la prima volta in Italia –, oltre che i rischi da videoterminali (quali l’emissione di radiazioni, lo stress, la presenza di fattori disergonomici, ecc.), è stato anche riconosciuto il mal di mouse, tecnicamente denominato tecnopatia o sindrome pronatoria, una malattia professionale dovuta ad un uso eccessivo (over-use) e prolungato nel tempo del computer e, soprattutto del mouse.
Questa postura costituisce la causa principale di fastidi e poi di veri e propri dolori a carico dei tendini. Inizia con formicolii all’arto dominante interessato, maggiormente alla mano usata (destra o sinistra), fino ad avere addirittura dei crampi. A riconoscere questa malattia professionale è stata una sentenza della Corte di Appello dell’Aquila del 14 febbraio 2013 che, non essendo stata impugnata dall’Inail (che non ha proposto ricorso in Cassazione), è passata “in giudicato” e dunque definitiva, riconoscendo al lavoratore – che ne aveva avanzato richiesta in giudizio – il 15% di inabilità lavorativa che, in base a quanto stabilito dall’art. 13 del Decreto Legislativo n. 38 del 23 febbraio 2000, dà diritto, in questo caso, “all’indennizzo in capitale del solo danno biologico per gradi di menomazione pari o superiori al 6% ed inferiori al 16%”, così come si legge nella “Circolare INAIL 04.08.2000 n° 57”.
Vorrei concludere con alcuni stralci di quanto riportato in un comunicato dell’Inca Cgil:
“… In un periodo di crisi economica in cui le malattie professionali pur aumentando, molto spesso non vengono denunciate per paura di perdere il lavoro, i risultati positivi ottenuti dalla tutela individuale esercitata dal patronato della Cgil devono essere conosciuti e diffusi, sottolineano i compagni dell’Inca di Penne (Pe), cui si è rivolto l’impiegato di banca per ottenere il riconoscimento dei suoi diritti … La vicenda assume particolare rilievo perché si tratta del primo caso accertato in Italia e va incontro alle nuove esigenze di tutela delle malattie professionali che possono esser causate dall’uso massivo delle nuove tecnologie informatiche. Determinanti per la buona riuscita della sentenza anche le consulenze legali e medico legale dell’Inca Cgil di Pescara.”
Una riflessione personale: una simile patologia, considerato che l’uso di sistemi telematici e tecnologici ha ormai preso il sopravvento nella nostra quotidianità – anche per coloro che non hanno un’occupazione che consenta di essere assicurati Inail – sarà tenuta in considerazione anche nel calcolo della percentuale di invalidità civile (se avanzata dal richiedente), in caso di più menomazioni? O, per quanto riguarda l’apparato locomotore degli arti superiori, è lecito differenziare ancora oggi i danni in base all’arto dominante? Come se avendone due, di uno si possa fare a meno senza colpo ferire!